Elaborato di Mattia Mezzetti
Un nemico insidioso
La cirrosi è una patologia spesso asintomatica. Un alto numero di pazienti non sa di avere tale problema fino alla comparsa, talvolta improvvisa, di complicazioni anche gravi della malattia epatica.
Sovente la diagnosi di cirrosi avviene a seguito di una alterazione delle transaminasi riscontrata in sede di esame del sangue, magari effettuato per controlli di routine o ragioni completamente distanti da quelle di un controllo delle condizioni del fegato. Altre volte, invece, è la cirrosi a manifestarsi senza lasciar spazio a dubbi: ascite – ovvero comparsa di liquido nella cavità addominale, emorragia, peritonite batterica spontanea o encefalopatia epatica; tutti questi sintomi sono riconducibili alla patologia.
Alcune manifestazioni cliniche possono indurre il sospetto della presenza di una malattia al fegato, in particolare vanno tenuti in considerazione i seguenti segnali:
- l’ittero, atipica colorazione giallastra di cute e occhi, nonché delle mucose, dovuta ad un aumento della bilirubina non più espulsa correttamente dalle cellule del fegato che dovrebbero occuparsene.
- La comparsa di arteriole con piccole diramazioni dalla caratteristica forma a ragno (denominate non a caso spider naevi) dovuta ad un aumento di ormoni tipicamente femminili, come l’estradiolo, non più correttamente degradati da parte del fegato.
- Il riscontro di un fegato nodulare, apprezzabile a seguito di una visita dal medico
- Splenomegalia, ovvero l’incremento delle dimensioni della milza, anch’essa riscontrabile tramite visita specialistica. Il fenomeno è dovuto ad aumento di pressione nella vena porta, la quale trova resistenza nel trasporto del sangue al fegato, indurito a causa della cirrosi e si ingrandisce in maniera anormale, come se fosse congestionata.
- La rara comparsa di caput medusae, un gruppo di vene che, partendo dall’ombelico, si irradia allontanandosi da esso. È una chiara conseguenza dell’ipertensione portale la quale causa l’improvvisa riapertura di una vena solitamente aperta soltanto durante la vita fetale; quella vena ombelicale che permette la trasmissione delle sostanze nutritive tra la madre ed il suo feto durante la gravidanza. Questa vena si chiude al momento della nascita.
- La formazione di un eritema palmare, ovvero la comparsa di un insolito rossore sul palmo delle mani. Anche questo sintomo si deve all’aumento di ormoni femminili, eliminati in minore quantità da un fegato danneggiato.
- L’emersione di bande orizzontali, biancastre, sulle unghie. Un fenomeno solitamente legato alla riduzione delle proteine.
- Contrattura di Dupuytren, una retrazione delle dita nella loro parte terminale, la quale le rende arcuate, quasi ad uncino. Si tratta di un fenomeno piuttosto raro e solitamente presente nelle cirrosi di tipo alcolico, correlate a forte stress ossidativo.
- Ginecomastia: un inusuale ingrandimento delle mammelle, specialmente nell’uomo. Si deve nuovamente al proliferare degli ormoni femminili che il fegato non riesce a distruggere.
- L’ipogonadismo, una riduzione della funzione sessuale la quale si deve ad effetti tossici, generalmente correlati a forme da alcol o emocromatosi dovute ai depositi di ferro.
- Il tremore delle mani anche chiamato flapping tremor. Si deve all’accumulo di tossicità nel cervello, dovuto all’incapacità del fegato di liberarsene, è una diretta conseguenza dell’encefalopatia epatica.
- Il Foetor Hepaticus, un odore dolce e pungente che si deve all’insufficienza del fegato
- Sintomi più generici ma ugualmente connessi alla cirrosi, poiché correlati all’incremento di richieste energetiche dell’organismo, quali stanchezza, perdita di peso ed appetito, con conseguenti perdite di massa e tono muscolare.
- In una percentuale di casi compresa tra il 15 ed il 30% dei malati di cirrosi si riscontra diabete di tipo 2, spesso come conseguenza dell’alterato metabolismo del glucosio dovuto alle condizioni del fegato
Ciascuno di questi sintomi, o la coesistenza di alcuni di essi, fungono da importanti campanelli d’allarme per una diagnosi di cirrosi.
La cirrosi epatica
Tra le 10 principali cause di morte, nel nostro Paese, troviamo la cirrosi epatica. Si tratta di una malattia cronica, estremamente diffusa in Italia, causa di numerosi decessi ed elevati costi sociali. Le classi di età a maggiore attività produttiva, tra i 25 ed i 54 anni, sono quelle in cui la patologia si manifesta maggiormente. Per questo motivo, la cirrosi è un problema sociale primario, lancinante poiché va a colpire prevalentemente la classe di età dal maggior peso economico. Sia dal punto di vista della perdita di vite umane, sia da quello dei costi, diretti o indiretti, che la società è costretta a pagare. Terapie, ospedalizzazioni e trapianti, così come perdita di giornate lavorative, inabilità al lavoro, indennizzi e pensionamento precoce, sono tutti elementi in crescita costante a seguito di questa patologia.
Guarire dalla cirrosi si può, in seguito all’aumento delle possibilità terapeutiche emerse negli ultimi tempi. Oggi esistono campagne preventive che stimolano la diagnosi precoce, pubblicizzano il vaccino contro l’epatite di tipo B e le conoscenze mediche nei campi eziologico e fisiopatologico si sono accresciute. Ciò non impedisce però ancora la morte annuale di migliaia di italiani a causa della cirrosi e la sofferenza che tanti concittadini e le loro famiglie devono patire a causa di questa patologia terribile, la quale rappresenta la quinta causa di morte nel mondo occidentale.
Le complicanze della cirrosi
Non vanno sottovalutate le spesso gravi complicazioni che possono seguire la comparsa della cirrosi epatica. Non appena si presentano questi sintomi correlati, occorre consultare un medico specializzato nelle malattie del fegato in quanto in alcuni casi bisogna affrontare la situazione in maniera radicale: serve un trapianto di fegato.
Una seria complicanza dovuta alla cirrosi è l’encefalopatia epatica, anche chiamata encefalopatia
porto-sistemica. Si tratta di una sindrome neurologica che causa alterazione di coscienza, di personalità e di funzione neuro-muscolare conseguente all’immissione in circolo di sostanze tossiche di natura azotata. Tali sostanze, provenienti dall’intestino, sono metabolizzate ed eliminate dal fegato in normali condizioni. Qualora però le funzioni epatiche siano ridotte a causa della presenza di cirrosi, le tossine finiscono per raggiungere l’encefalo, determinando quadri di encefalopatia di gravità variabile, i quali inizialmente possono anche essere tanto lievi da apparire pressoché inavvertibili ma possono arrivare fino al coma.
L’encefalopatia epatica
Sono stati distinti 4 gradi di encefalopatia epatica, sulla base della gravità dei sintomi.
- Il livello più basso, i sintomi sono lievi. Il paziente si sente confuso e disorientato, soffre di improvvisi cambiamenti dell’umore e a volte di disturbi della personalità. Il ritmo sonno – veglia è alterato, le parole escono lente ed impacciate dalla bocca e si riscontrano difficoltà nella scrittura. Si può osservare uno sporadico tremore alle mani (flapping tremor).
- Livello più grave del precedente. Il paziente soffre di sonnolenza, comportamento improprio, è come disorientato nello spazio e nel tempo, il tremore alle mani è evidente.
- Livello di gravità elevata. Lo stato di coscienza è profondamente alterato, il paziente è confuso e persistentemente disorientato.
- Il livello più alto, l’encefalopatia è molto grave e il paziente è in coma, incapace di rispondere agli stimoli verbali e/o dolorifici.
L’encefalopatia epatica si può presentare nel 20% degli afflitti da cirrosi e può essere episodica, ricorrente oppure cronica ma pur sempre molto impattante su qualità ed aspettativa di vita del paziente. Con un trattamento opportuno, l’encefalopatia epatica è reversibile, anche perché le sue cause specifiche possono essere prevenute se non addirittura evitate. Stipsi, sanguinamenti dallo stomaco o dall’esofago, infezioni, squilibri elettrolitici, diete iperproteiche, farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale (ad esempio tranquillanti) o eccesso di prodotti diuretici possono segnalare la patologia, e il loro utilizzo, nel caso dei prodotti, va immediatamente discontinuato a diagnosi accertata.
Tramite esami obiettivi, ematici e di immagine l’encefalopatia può essere diagnosticata dopo aver escluso le altre possibili cause di uno stato di alterazione di coscienza. Sovente basta una anamnesi, una lettura della storia clinica del paziente, per verificare se i suoi sintomi sono frutto di altri problemi o ci si trova di fronte ad una encefalopatia epatica.
Conclusioni: non abbassiamo l’allerta
Cirrosi ed encefalopatia epatica sono due patologie che possono diventare gravi, addirittura mortali. Spesso e volentieri, però, sono trascurate e vengono diagnosticate soltanto una volta giunte in fase acuta, quando può essere troppo tardi per contrastarle. La conoscenza che ne abbiamo è ancora piuttosto limitata, è vero, eppure la ricerca sta facendo ampi passi e, dal punto di vista clinico – scientifico, si suppone che, tra non molto, sarà possibile contrastare l’impatto sociale per pazienti e società, oltre che quello economico per il sistema sanitario.
La lotta alla cirrosi non appare più impari come qualche tempo fa. L’avversario resta ostico e pericoloso, senz’altro, eppure la ricerca potrà darci una mano, come sempre, per sconfiggerlo. Non abbassiamo la guardia.
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